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Attributi con valore
  di forza, una costante del linguaggio maschile | |
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di Iole Natoli | |
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C’è chi crede che la frase "tirare fuori le palle" venga
  condannata da alcune donne per moralismo. Chi lo afferma - lo ha fatto nella
  trasmissione odierna un ospite di Coffee Break, così qualificando la
  contestazione di Daniela Preziosi del Manifesto (link) - non ha mai analizzato a sufficienza il retroterra dell’
  espressione abusata.  
"Tirare fuori le palle" sta per compiere un atto di forza, un
  atto "virile" in grado di produrre un qualche esito. Se rapportato
  all'azione politica (come nel talk show odierno) indica per di più che l'atto
  di forza in grado di incidere sull'andamento della società può essere
  compiuto solo dai maschi, detentori esclusivi, appunto, dei "contenitori
  di forza bruta".  
Qualcuno rileva che tale “formula magica” viene usata talora anche da
  donne. Vero, ma ciò non cancella l’origine dell’usanza. Sappiamo bene che
  talune donne scambiano il femminismo per emancipazione, confondono la parità
  dei diritti con la fotocopia dei diritti maschili storicamente determinati,
  giusti o interamente inadeguati che siano, sono in sostanza “costole di
  Adamo” in attesa di un riconoscimento maschile e non soggetti autonomi che
  determinano il proprio destino. Fortunatamente rappresentano un quota
  numerica in diminuzione costante. 
Tornando al consueto pallottoliere mentale che tanto assilla il genere
  maschile, sorge spontanea la sconfortante domanda: possibile che nel 2020
  d.C. la metà meno popolosa del cielo sia ancora vincolata a questi schemi? | |
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20.01.2020 | |
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