domenica 22 settembre 2013

LINGUAGGIO e SOCIETÀ / Il GENITORE, la GENITRICE e il MASCHILISMO

«Ciò che non si dice, non esiste»
Cecilia Robustelli

del Dipartimento di studi linguistici dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia
e Consulente dell’Accademia della Crusca
«Saudade è una cosa
che solo i portoghesi hanno
perché hanno una parola
per dire che ce l’hanno, ha scritto Pessoa
»
Antonio Tabucchi
, “Di tutto resta un poco”

Uccidiamo il chiaro di luna?
No, uccidiamo la parola GENITRICE

di
Iole Natoli
Marinetti ne sarebbe stato forse contento, dato il suo antifemminismo congenito, ma non sarebbe corretto attribuire a lui quel che è derivato da un provvedimento amministrativo annunciato dal Comune di Bologna, anzi quanto è venuto allo scoperto grazie alla discussione sul tema.
Quale? La sostituzione dei termini Madre e Padre in alcuni moduli per l’iscrizione dei bambini all’asilo con un maschile Genitore e Genitore, cui si è voluto attribuire d’ufficio il valore non discriminante di un neutro.
Personalmente me ne sono occupata nel mio articolo «Genitore e Genitore NO, grazie! Una misura irrazionale e misogina» (-->), riportato in altre riviste e postato in diversi gruppi di Facebook. Anche in uno che non ha accolto bene la questione, non solo negando interamente valore all’assunto ma adottando talune reazioni di una volgarità senza pari - fortunatamente non   tutte - e di una misoginia priva di limiti.
Ecco per prima la foto di una mia domanda, rivolta a un interlocutore avverso ma civile. Trattandosi di foto di post pubblicati su un gruppo di Facebook, aperto ma chiaramente non visibile a chi non vi è iscritto, ho provveduto a oscurare il nome del mio interlocutore in questa e in quella di un commento successivo, che mi sembra opportuno analizzare.  

Nota: 
le iniziali da me attribuite non corrispondono a quelle dei nomi delle persone.
Son due i punti che occorre evidenziare, esaminando la seconda foto:
1_ l’equiparazione compiuta da una persona di sesso maschile tra un parto e una defecazione da “un budello”; 
2_ l’attribuzione di una “visceralità” naturale alla donna di cui l’uomo sarebbe invece esente.
Nel commento di C.D. che potete vedere, infatti, la genitorialità femminile viene contrapposta a una genitorialità maschile di cui non si precisa la natura ma di cui  si postula  la superiorità,

in quanto mancante di quella "visceralità" che non ci si prende neanche cura di definire e che viene categoricamente attribuita, senza dimostrazione alcuna, alla donna.
La dogmatica affermazione, peraltro, viene trasformata nella causa che avrebbe determinato storicamente l’uso di “genitore” al posto di “genitrice”, per esempio nel linguaggio giuridico. Si parte dal proprio pregiudizio, gli si conferisce valore di verità e si produce da lì un nuovo assioma. Insomma, che storiche, linguiste e scienziate, ma anche i loro colleghi uomini, lo sappiano: c’è qualcuno che ha capito proprio tutto della vita e anche delle strutture del linguaggio.
Il maschilismo tortuoso ed evidente del falso ragionamento di cui sopra mi ricorda un altro ragionamento viziato che diede luogo a fatto singolare. Anzi neanche singolare, in realtà: direi scontato, tenuto conto delle ataviche prassi patriarcali, che poi son quelle che hanno generato nel tempo il  dominio maschile nel linguaggio.
Il 25 giugno del 1865, con la pubblicazione del Codice civile del Regno d’Italia, la donna veniva assoggettata all’autorizzazione maritale dell’uomo capo della famiglia, perdendo in tal modo il diritto di partecipare al voto amministrativo, che pure in Veneto e in Toscana possedeva (Rif.: Emilia Sarogni, LA DONNA ITALIANA - Il lungo cammino verso i diritti 1861-1994).
A quanti insistevano nel chiedere - e voglio qui ricordare in primo luogo l’infaticabile Salvatore Morelli, deputato della Camera Regia - l’estensione del diritto di voto amministrativo alle donne, gli oppositori, tra cui per maschilismo ebbe a distinguersi il Presidente del Consiglio Francesco Crispi, replicavano come fosse impossibile dare libertà di voto a una persona soggetta all’autorizzazione maritale, dunque incapace di esprimere un parere proprio, guardandosi al contempo dal rimuoverla.
L’autorizzazione maritale, per mezzo della quale si negava l’esercizio del voto amministrativo alle persone di sesso femminile, fu soppressa solo nel 1919.
Forse qualcuno, che dal mondo delle donne è distante anni luce, farebbe bene a praticare, oltre a rigorosi esercizi di Logica, anche lo studio accurato della Storia.

Milano, 22 settembre 2013
© Iole Natoli

Vai su un altro blog, all’articolo che ha scatenato la polemica: «Genitore e Genitore NO, grazie! Una misura irrazionale e misogina» in: Il COGNOME MATERNO IN ITALIA nei Matrimoni e nelle Convivenze
http://cognomematernoitalia.blogspot.it/2013/09/societa-genitore-e-genitore-no-grazie.html

Nessun commento: