Se non vuoi più essere mia “POSSO
SOPPRIMERTI”
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di
Iole Natoli
Sono tante le cose
che dovremmo estirpare dal linguaggio comune, a enumerarle c'è da perderci il
conto.
Per cominciare, dovremmo
RIDEFINIRE il matrimonio, non per indurre le persone a sposarsi ma per
ridurre il danno che l'idea di matrimonio porta con sé nella fase attuale
della storia.
(prosegui) |
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Il matrimonio stipulato o stipulabile - obiettivo futuro di una coppia o di uno solo degli ipotetici contraenti, aspirazione di qualche fidanzatino di turno da realizzare anche a colpi di coltello - reca in sé la bieca idea di POSSESSO. Il divorzio non ha inciso abbastanza su questa diffusa matrice del crimine, sotterranea e proprio per ciò più dannosa. Ci vorrà un lavoro apposito su questo fronte.
Intanto eliminiamo alcune dizioni
correnti e "perigliose". Non diciamo e non permettiamo che si dica
di una donna LA MIA DONNA - e non diciamo per converso il mio uomo.
"Mia" va associato al ruolo nel senso di relazione: mia moglie o
mio marito, mia figlia o mio figlio, la mia compagna o il mio compagno, ma la
MIA DONNA oppure la MIA RAGAZZA no, perché non è una dizione equivalente.
Veicola non l'idea di relazione ma quella rischiosissima di PROPRIETÀ della
persona, che è il binario su cui viaggia indisturbato il maledetto treno del
FEMMINICIDIO, con poche stazioni intermedie per fermarlo.
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Milano,
27.05.2013
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©Iole Natoli
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