Presente, Futuro prossimo e Futuro lontano / In che pieghe si annida il razzismo |
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Di Iole Natoli |
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“Prima gli italiani” lo sentiamo ripetere da anni e alla fine l’auspicio e programma è in procinto di realizzarsi davvero, dato che a rimanere PRIMA senza pensione tra pochi anni saranno proprio i molti italiani anziani e non i pochi giovani immigrati che lo Stato avrà provveduto a regolarizzare e che della loro pensione non hanno al momento la necessità di occuparsi. Di slogan ne abbiamo sentiti anche altri. Tra questi splende di luce impropria la “sostituzione etnica”, che non rimanda soltanto a esternazioni più o meno recenti della destra italiana ma, purtroppo, anche a denunce falsificanti dei sostenitori delle teorie del complotto, note come grande sostituzione, con cui si è tentato di spacciare per lecite talune operazioni stragiste. |
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A chiunque non abbia il cervello ottenebrato da asti razziali espressi o repressi, appare chiaro come occorra ampliare la platea delle forze attive che, nel produrre un reddito attraverso il proprio lavoro, forniscano attraverso il pagamento dei contributi un mezzo per pagare ADESSO le pensioni italiane, in vista di godere dello stesso beneficio in futuro mediante la ripetizione della dinamica. Se, a causa della contrazione delle nascite, forze attive nostrane ce ne saranno a breve pochissime rispetto alle necessità che si profilano drammaticamente all’orizzonte, non sembra ci siano alternative al ricorso alla capacità contributiva degli immigrati che occorrerebbe dunque non respingere (o tentare di farlo) ma, al contrario, regolarizzare il più possibile, affinché possano svolgere quel ruolo di salvagente che l’alta marea in arrivo non rende più possibile procrastinare. È quello che chiede la sinistra e che fa storcere il naso e l’intero viso alla destra. Se ne potrebbe dedurre che la destra sia venata – e anche molto - di razzismo e che la sinistra invece ne sia esente. Le differenze non sono però così nette e vedremo più avanti il perché. La destra ha lanciato a gran voce un programma per incrementare la natalità. Le misure però sono esigue soprattutto in rapporto alla durata. Si è calcolato che, per riparare nel tempo e non nell’immediato al deficit di nascite registrato, ogni donna dovrebbe partorire un po’ più di due figli, non nel senso di orientarsi verso un assemblaggio post partum di “pezzi” per ottenere in cooperativa un bambino intero (a questo ancora non siamo arrivate, in futuro chissà, certe premesse non lasciano presagire nulla di buono), ma secondo una banalissima media statistica. Le giovani coppie che vorrebbero avere dei figli ma che lo evitano per
mancanza di sicurezza economica non cambieranno opinione solo perché, per
iniziativa di questo o quel governo, arriva un assegno temporaneo atto ad
alleviare le prime spese che ogni nascita comporta. Quella figlia o quel
figlio arrivato dovrà anche crescere e per lui/lei occorrerebbe avere dunque
maggiori entrate di lunga durata affinché generare dei figli non sia di fatto
un salto nel buio da, in totale ragionevolezza, evitare. Non solo, ma come si
è giustamente fatto notare, prima che le nuove nate e i nuovi nati possano
lavorare contribuendo dunque al salvataggio delle pensioni degli anziani
passeranno un bel po’ di anni; qualcuno forse non se ne è reso conto, ma non
si può mandare a lavorare un soggetto in età da biberon. Puntare sui contributi degli immigrati e dunque ricorrere a loro in chiave puramente utilitaristica sarebbe una misura da adottare con urgenza per un tamponamento immediato. Pensare però che con questo si possano risolvere anche i problemi futuri è infondato, perché quel che avverrebbe in tempi brevi non sarebbe una sostituzione etnica a detrimento dei bianchi italiani ma una sostituzione culturale a detrimento dell’automatismo generativo che si attribuisce, a torto o a ragione, alle popolazioni immigrate. E qui non casca solo l’asino ma cascano tutte le forze politiche, che siano di destra, di centro o di sinistra. Le cause della scarsa natalità sono, sì, in massima parte economiche - e la precarietà lavorativa del mondo giovanile gioca un ruolo primario - ma
non soltanto. Esistono anche ragioni culturali, quelle che hanno indotto già da
anni molte donne a NON VOLER generare, consapevoli del fatto che la loro
realizzazione personale sarebbe stata compromessa dalla presenza, richiedente
impegno, di figli e convinte che la loro realizzazione non coincidesse con la
funzione della maternità. Alla luce di queste considerazioni, appare stolta e destinata a
infrangersi la convinzione che questo aspetto non finirà col “contagiare” a
non lunga distanza temporale anche le donne che oggi arrivano per effetto
dell’immigrazione, clandestina o regolare che sia, o quanto meno le figlie
che da loro nasceranno. In sostanza le misure per la natalità sono necessarie. Misure complete e
a tutto tondo e non solo briciole. Misure che vadano, oltre a un assegno
iniziale, al poter contare su un alloggio adeguato e sufficiente anche per
ampiezza, al poter fare affidamento su un’assistenza sanitaria efficiente ed
estesa, alla promozione della condivisione di cura dei figli tramite congedi
familiari equamente distribuiti tra i genitori, sino ai contributi per
l’istruzione della prole. Solo così quelle coppie o quelle donne single che
vorrebbero avere dei figli – che come
già rilevato non coincidono con tutte le donne in età fertile presenti sul
suolo italiano - potranno soddisfare il loro desiderio a beneficio anche
della comunità. C’è ancora una considerazione da fare. Da sempre ho potuto constatare come molte delle donne che non hanno voluto o, per cause varie, potuto avere dei figli si lamentino per talune agevolazioni di cui “godono” le donne che invece i figli li hanno messi al mondo. Ho sentito ripetutamente, ad esempio, insegnanti parlare di discriminazione per i punteggi aggiuntivi che producono precedenze in talune graduatorie pubbliche relative all’insegnamento, come se a quei figli, dalle altre donne messi faticosamente al mondo e altrettanto faticosamente allevati, non corrispondesse un lungo “lavoro” psicofisico usurante per le madri e come se quei figli non servissero anche alle non madri, per mantenere una popolazione scolastica tanto nutrita da consentire di non dover contrarre i posti di lavoro disponibili nel tempo. Questo atteggiamento non lo si rileva solo tra le insegnanti ma, più ampiamente, nel pubblico impiego. È una pecca, tutta al femminile, da cui occorrerebbe mondarsi. Essere libere di non volere figli è un diritto; pretendere di avvantaggiarsi della generatività altrui, senza assumerne il benché minimo peso, è un atto egoistico e miope.
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12 Maggio 2023 – data e ora italiane |
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Nota: immagini di pixabay.com.it:
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venerdì 12 maggio 2023
#ECONOMIA e #NATALITÀ - La vista corta da Destra a Sinistra (e viceversa)
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