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lunedì 7 febbraio 2022

Elezione al Quirinale del 2022

"No, tu no!"

Presidente donna? Sì a parole, ma non nei fatti

 


Premetto che rispetto a talune ipotesi prospettate nei giorni del subbuglio quirinalizio, in particolare quelle di Berlusconi e della sua prosecutrice ideale Casellati, l’approdo a Mattarella, che ho sempre stimato moltissimo, ha costituito per me motivo di sollievo.
Tuttavia c’è qualcosa d’importante da aggiungere che va al di là dei giochi di palazzo a cui abbiamo di recente assistito.

Che dalla proclamazione della Repubblica non sia mai accaduto che una donna fosse eletta quale Capo dello Stato o Presidente del Consiglio, la dice lunga sullo SPESSORE MASCHILISTA della politica italiana.

La cosa fa il paio - e non a caso - con i 74 anni dalla Costituzione, nel corso dei quali il Parlamento italiano, nelle sue varie legislature, si è dimostrato incapace di accettare l'identità femminile, NON varando una legge sulla presenza del cognome materno (ovvero di colei che in primis genera) nel cognome dei figli. Niente madri nel cognome dei figli, niente donne a guida di un governo, niente "madri" simboliche a capo dello Stato.

Milano, 7/02/2022

© Iole Natoli

mercoledì 19 maggio 2021

Il #COGNOME ancor oggi simbolo del Potere maschile LINGUAGGIO QUOTIDIANO e FEMMINISMO

COGNOMI considerati INSUFFICIENTI - quando non arbitrariamente SOPPRESSI - nella citazione ordinaria delle DONNE

di Iole Natoli

by tesoridiroma.net

 

Non è solo il problema del falso neutro, mediante il quale l'identità delle donne è nascosta, che deve attrarre la nostra attenzione, né solamente l'assenza del loro cognome da quello delle figlie e dei figli. Qualcos'altro attesta sistematicamente nel quotidiano la fragilità del diritto femminile al SUO cognome.

Non mi riferisco unicamente all’abuso, tipico di molti media, di chiamare col solo prenome le donne, quasi fossero le vicine di case di chi parla o chi scrive, di qualcuno cioè con cui le stesse dividono ogni giorno l’ascensore e forse il supermercato di quartiere; c’è la discriminazione costante sottesa all’uso del “la” o del "prenome", obbligatori soltanto per le donne.

Essere individuati dal cognome è privilegio unicamente maschile, come un tempo nell'antica Roma quando le donne non avevano un cognome, al pari degli schiavi liberati (Stefano Boring, link). Le donne devono specificare di NON essere un uomo, come l’utilizzo del solo cognome presupporrebbe. Se si nomina solo il cognome si può star certe/i che è ad un uomo che ci si sta riferendo.

A: «Mi piacerebbe che si scegliesse Cartabia quale Presidente della Repubblica».
B: «Cartabia? E sarebbe?».
A: «L’ex Presidente della Corte Costituzionale, che ora è Ministra della Giustizia!».
B: «Ah, già, la Cartabia! Beh…».
A: «Non ti piace?».
B: «Ma sì, certo, Marta Cartabia… solo che a me sembra più adatto Draghi».

Chiaramente è solo un esempio, che prescinde dalle competenze specifiche e dagli orientamenti politici. Se fosse donna, del suo prenome Draghi avrebbe per regola generale bisogno, ma in quanto è Uomo quel “Mario” viene scritto o pronunciato solo sporadicamente, in pura funzione di optional. Non occorre nemmeno l’articolo “il”. È il designato per antonomasia, il dominante nella nostra specie individuato come tale grazie all’uso netto, secco e inequivocabile del solo cognome.

Così per tutti, sia ben chiaro, l’attuale Premier non ne ha proprio colpa. Il punto è che ancor oggi il cognome è inconsciamente avvertito come di pertinenza maschile. La donna deve giustificarne l’uso con qualche malinconica stampella, che le viene graziosamente consegnata quando è presente sulla scena pubblica. Fedeli, Meloni, Boldrini, Carfagna, Bellanova e anche Cartabia, salvo qualche rara eccezione, con un “La” non musicale o col "prenome”.

19.05.2021

© Iole Natoli