Ma la Corte costituzionale nel tempo tiene conto dei principi della Carta, o si richiama per caso alle statistiche relative al costume sociale? | |||
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In merito alla discussa affermazione del Presidente novello della Consulta Augusto Barbera - “Donne impazienti, riconoscete ciò che è già stato fatto” come riporta il sito di Repubblica -, Iole Granato, attenta frequentatrice di FB, ha commentato che «evidentemente millenni di pazienza non sono ritenuti sufficienti», ci si tratta quasi «come minorate cui sono state fatte larghe concessioni di cui essere riconoscenti”. Proprio questa è in effetti la reazione che nelle donne suscita e continua a suscitare quella dichiarazione infausta, malgrado il tentativo di ammorbidimento dei termini compiuto successivamente dal giudice. Senza dubbio si potrebbe provare a supporre che il giudice Barbera si riferisse non ai millenni ma solo al tempo che decorre dall’approvazione della nostra Carta costituzionale, ma anche così resterebbero alcune obiezioni da sollevare. Tra queste, una che riguarda il cognome materno ricusato nel 2006 dalla Corte (altra composizione, ovviamente, ma l’istituzione è comunque quella) in occasione della causa intentata originariamente presso il Tribunale di Milano dai coniugi Cusan e Fazzo, che portò nella sua conclusione al ricorso al Tribunale internazionale CEDU e alla conseguente condanna dell’Italia. Ci si potrebbe forse accontentare, se gli eventi successivi non obbligassero a una valutazione diversa. In occasione di una nuova richiesta di attribuzione del solo cognome materno, questa volta da parte di due genitori conviventi, la Corte costituzionale con un’ordinanza di rimessione SOSPESE il giudizio per interrogare se stessa e nel 2022, con la storica sentenza n.131, ANNULLÒ le disposizioni sino ad allora vigenti, stabilendo delle regole precise a tutela della parità dei diritti tra i sessi. In altri termini, quel che la Consulta LEGITTIMAMENTE fece nel 2022, la stessa istituzione avrebbe potuto farlo nel 2006, anzi avrebbe DOVUTO, proprio nel rispetto di quella Carta costituzionale a cui la Corte stessa faceva riferimento. E dunque l’impazienza delle donne è più che fondata, come la considerazione finale della nostra compagna di FB: «Ci sarebbe di che perderla definitivamente la pazienza». Con netta convinzione confermiamo, anche perché i ritardi non sono mai senza conseguenze. Nel caso dell’esempio riportato, quel ritardo intervenuto non è stato indolore per tanti figli e figlie, a cui sono stati sottratti quei benefici del doppio cognome che la Corte ha ampiamente descritto nel 2022 e anche prima, e non lo è stato nemmeno per le donne madri, che hanno dovuto subire senza speranza alcuna una patente discriminazione, per tutti gli anni intercorsi dal 2006 al 2022. | |||
15 Dicembre 2023 | |||
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venerdì 15 dicembre 2023
L’«IMPAZIENZA DELLE DONNE» E IL SONNO DELLE TANTE ISTITUZIONI (#Consulta compresa)
sabato 14 maggio 2022
PURCHÉ SI RIDA e la moltiplicazione dei cognomi - Lettera aperta a Luciana Littizzetto
Da «Il Cognome Materno in Italia nei matrimoni e nelle convivenze» PURCHÉ SI RIDA |
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Da una donna creativa e intelligente che è presente sulla scena da molti anni e dispone di vari strumenti comunicativi, ci si attenderebbe un rispetto verso i diritti e la dignità delle donne che evidentemente difetta. Abbiamo nostro malgrado dovuto notarlo già in passato, quando a far le spese del dileggio sono stati l’uso del femminile nelle cariche istituzionali e professionali (link) e una persona che tale legittima prassi difendeva, ovvero la oggi ex presidente Laura Boldrini. Il recente intervento a Che tempo che fa sulla "moltiplicazione dei cognomi" si configura come diffusione difficilmente inconsapevole – Luciana Littizzetto dispone di ogni strumento culturale e pratico per informarsi in anticipo – di una deformazione non indolore del vero, che strizza praticamente l'occhio alla reazione. Prendere di mira i “benaltristi” e le loro incoerenti teorie di proliferazione dei cognomi - che trovano smentita immediata nelle prassi esistenti in tanti altri paesi, tra cui la Spagna, e che non hanno alcun fondamento nella realtà come chiunque si sia preso la briga non particolarmente massacrante di analizzare i progetti di legge in Parlamento avrebbe potuto e può verificare - sarebbe stato altrettanto produttore di risate ma presumibilmente non di altrettanti consensi, nella valutazione della versatile e abitualmente irresistibile Luciana. Così nel mirino della sua comicità è finito, con un effetto di appoggio e allargamento a pioggia, l’inesistente, visto che la finestra temporale entro la quale la nuova normativa – questa volta non illegittima - dovrà essere approvata può essere ormai molto breve e considerato, peraltro, che la legge in arrivo porterà via con sé anche il ricorso al giudice nei casi di dissenso tra i genitori sull’ordine dei cognomi nel doppio, che è al momento conseguenza ineliminabile di una modifica in storico ritardo legislativo. Come chiunque abbia letto magari una sola volta in vita sua la Costituzione già sa, la Corte costituzionale non può infatti legiferare per rispetto della divisione dei poteri, ma DEVE comunque eliminare le discriminazioni, in questo caso per sesso e a svantaggio delle donne, nonché le violazioni di quell’autonomia dei cittadini nella conduzione della propria vita privata, che l’art. 8 della CEDU – dall’Italia da tempo sottoscritta ma mai rispettata nello specifico – tutela. Le donne che hanno atteso per anni che la loro soppressione arbitraria dal cognome dei figli fosse, come da Costituzione, una volta per tutte eliminata non hanno preso molto bene lo show di Littizzetto dell’8/5/2022. Lo dimostra la lettera che ci viene inviata e che qui pubblichiamo. |
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LETTERA APERTA a Luciana
Littizzetto
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Gentile Signora Littizzetto, Al tempo in cui le donne avevano
l’obbligo di assumere il cognome del marito (tempo che risulta curiosamente
attuale per lo stato italiano, che lo appioppa ancora sulle tessere
elettorali o in alcuni comunicati ufficiali alle donne), ci aveva pensato già
il grande Totò ad ironizzare sulla signora “Trombetta in Bocca”, decisamente
più plausibile |
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e, mi perdoni, più divertente del signor Dita Nel Naso. Ecco, forse Lei ritiene che quest’ultima situazione sia più auspicabile, affinché le maestre possano richiamare i bambini e ancor di più le bambine, di solito non menzionate, brevemente e, anche in questo caso, perentoriamente alla loro esclusiva appartenenza alla paterna patria potestà? Ma forse non è a conoscenza che la patria potestà è stata abolita ed esiste la “responsabilità genitoriale” e guarda caso i genitori sono due, anche se solo UNA dei due partorisce, proprio quella esclusa all’anagrafe? Farsi un sacco di risate sui guasti che porterà la
fine di un secolare sopruso non è quanto di meglio ci si possa aspettare
dalla satira o anche da una più banale e sana comicità. Con i miei migliori saluti, G. B. _______________________________________________________________
La foto successiva è
un’elaborazione di Giovanna Berna di due foto di it.freepik.com
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la prima creata da
pressfoto -
la seconda da Racool studio
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