Si sveglia dall’antifemminismo (o forse no) “IL” Presidente del Consiglio italiano Di Iole Natoli |
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Cosa abbia inteso dire realmente Landini adoperando la parola “cortigiana”, associata a Meloni, può saperlo solamente lui. Rileviamo però che, conoscendo sicuramente il significato usuale dato alla declinazione femminile del termine cortigiano, avrebbe fatto meglio a formulare con parole meno a rischio i suoi concetti. Tuttavia questo “incidente” qualcosa di positivo ha prodotto. Emerge infatti la certezza che LA nostra Presidente manifesta nell’attribuire al termine il valore assoluto di “prostituta”. MELONI si è trasformata così - SUO MALGRADO - nella TESTIMONIAL più quotata di quel monologo femminista, con cui Cortellesi ebbe a illustrare efficacemente la transizione verso quel significato univoco, che alcuni sostantivi invariabilmente assumono se solamente volti al femminile. Il femminismo bussa a molte porte, anche a quella chiusa a tripla mandata di chi è saldamente ancorata al patriarcato, come l'attuale inquilina di Palazzo Chigi. Foto dal video youtube «Il monologo di Paola Cortellesi - David di Donatello 2018” |
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16 Ottobre 2025
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FEMMINISMI A CONFRONTO E LAICITÀ
giovedì 16 ottobre 2025
#LANDINI, #MELONI, #CORTELLESI e la lingua italiana
giovedì 27 febbraio 2025
L’IA del VIDEO-TRUMP e IL SENSO DELL’OSCENO
Barbe danzanti e chiappe al
vento a Gaza |
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AGGIORNAMENTO.
“Solo Avital, regista di Los Angeles, cittadino statunitense nato in Israele“
pare sia l’autore
del video ideato come “satira politica”. Avevo scritto nel pezzo che segue:
«Erigere gigantesche statue d’oro sia
pure virtuali, in concorrenza al colosso di Rodi, potrebbe aver senso solo in
chiave di sberleffo al soggetto rappresentato, dunque a Trump. Se questo ne
fosse il senso, però, il presidente recidivo non avrebbe postato il video sul
suo account, anzi ne avrebbe proibito la diffusione. Invece no, sempre più
innamorato di sé, Trump lo mostra al mondo e quindi ci crede davvero». Immaginare una riviera di lusso all’occidentale a
Gaza è di per sé un’offesa a quel minimo di senso etico che ancora alberga
nelle nostre società, devastate da anni e anni di condizionamenti attuati
dagli interessi economici mondiali.
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27 Febbraio 2025
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domenica 22 settembre 2024
CIRCOLARE del Ministero dell'Interno sui COGNOMI delle donne coniugate
Dietro richiesta di Noi Rete Donne, VIA IL “COGNOME MARITALE” dalle tessere elettorali delle donne |
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Di Iole Natoli |
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Il Ministero dell’Interno ha emanato la circolare n. 75/2024 accogliendo la specifica richiesta di Noi Rete Donne espressa col documento del 26.06.2024 firmato da Daniela Carlà, Iole Natoli, Antonella Ida Roselli, Antonella Anselmo, Carla Bassu, Cecilia Carmassi, Sabrina Cicin, Amalia Diurni, Marilù Mastrogiovanni, che era stata successivamente illustrata da una delegazione della Rete in un incontro presso il Ministero. In occasione di nuove votazioni – comunali,
regionali, nazionali, europee, per elezioni, referendum o altro – a partire da adesso le donne
saranno, dunque, almeno in questa circostanza, unicamente se stesse. |
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22 Settembre 2024 |
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martedì 9 luglio 2024
GPA reato universale? Si accendono nuovamente le polemiche
I vecchi luoghi comuni rifioriscono all’insegna dell’approssimazione analitica | |||
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Segnalo in primo luogo due articoli interessanti apparsi in questi ultimi giorni sul tema. L’uno è “Il corpo della madre surrogata” [1], pubblicato da il ricciocorno schiattoso, l’altro “In tre a fare un bambino, una serie tv racconta la maternità surrogata” [2] di Monica Lanfranco. Due letture relative ad alcuni aspetti trattati, che val la pena di regalarsi malgrado la calura dell’estate. C’è però altro che abitualmente sfugge e di cui ho già scritto in precedenza [3]. Preferisco iniziare tuttavia dai luoghi comuni per liberare il campo dagli equivoci. • L’autodeterminazione della donna. È un argomento pretestuoso e falso. L’autodeterminazione, che sia della donna o dell’uomo, può riguardare SOLAMENTE sé e il proprio destino. Applicarla alla Gravidanza Per Altri è un evidente cortocircuito logico. La determinazione di sé o autodeterminazione della donna non può estendersi a determinare il destino di altri soggetti, con cui già in partenza non si ha nessun legame biologico e verso cui si pretende di non doversi assumere nessuna responsabilità giuridica dopo averne determinato l’esistenza. Di determinazione della vita di altri, infatti, si tratta. Senza la gravidanza e il parto nessun essere umano esisterebbe. • Parto in anonimato, ovvero Il diritto attribuito alle madri di non riconoscere il figlio dopo il parto. La situazione che ha generato l’attribuzione di un tale diritto, col DPR 396/2000, art. 30, comma 2 [4], è del tutto differente da quella a cui la si vuole apparentare e risponde a due ordini di ragioni. La madre. Queste madri NON volevano la gravidanza, in cui si sono trovate imbrigliate per le più svariate ragioni, e che avrebbe condizionato la loro vita. Se questa è stata condotta a termine è perché quelle donne non hanno voluto – il più delle volte potuto – abortire. Il figlio. Può accadere – ed è già accaduto – che una donna che ha partorito un figlio non voluto sia assalita, nella delicatissima fase del post partum, dall’insano desiderio di liberarsi del problema sopprimendo il neonato. Che poi la si condanni giustamente a norma di legge non restituisce la vita al figlio soppresso. Dare a queste madri la possibilità di affidarlo a una struttura, affinché sia adottato, costituisce in primo luogo una misura di tutela nei confronti del figlio che, una volta messo al mondo, ha tutto il diritto di vivere, di essere accudito e di godere di ogni garanzia giuridica spettantegli. • La cessione del figlio nella GPA. Per prima cosa rilevo una contraddizione tra la definizione di “maternità surrogata” e il lavaggio del cervello fatto alle donne durante questo tipo di gravidanza, affinché non sentano mai il bambino che cresce dentro di loro come proprio. Bisognerebbe decidersi. Se si parla di “maternità” allora quella donna è madre e il bambino è suo figlio; se invece il bambino non è figlio, allora non si può parlare di maternità, ma bisognerà trovare un altro termine per descrivere la gravidanza per altri. Ciò che comunque distingue radicalmente la cessione del figlio nella GPA dal non riconoscimento di un figlio proprio alla nascita è però un’altra cosa. Diversamente da quest’ultimo caso, infatti, nella Gpa NON siamo dinanzi a un evento inaspettato o comunque non desiderato; al contrario, la gravidanza è indotta v o l o n t a r i a m e n t e, con un abuso di potere sul bambino/a che non può avere legittimazione alcuna. Che ci sia compenso economico o no è un aspetto secondario. • La responsabilità personale nella nascita di un essere umano, livello primario della questione. Il punto iniziale dell’analisi da compiere è quello della responsabilità nella nascita di un essere umano.
Un ovocito da solo non dà un essere umano. Un gamete maschile non
genera da solo un essere umano. Qualcuno può anche avere riserve sul
ricorso alle cosiddette “donazioni” di gameti, ma questo non è
l'elemento centrale del problema. Da soli, separatamente considerati, i
gameti femminili e maschili finiscono entrambi nel nulla. Ciò che invece
consente la vita è la coniugazione genetica (come preferisco chiamare l'altrimenti detta “fecondazione“) unita alla gravidanza e al parto.
Quanto al testo della legge sul “reato
universale” di recente approvato in Commissione Giustizia del Senato, un
lettore interviene sulle Lettere
di Specchio dei tempi di giovedì 11 luglio 2024 scrivendo:
«Mi sto interrogando sull'utilizzo ormai generalizzato della locuzione
"reato universale" per definire le intenzioni parlamentari relative
alla maternità surrogata (che brutto termine anche questo, d'altronde). Credo
che "reato universale" sia un reato che tutti i sistemi giuridici
della terra puniscono e non, come in questo caso, un reato punibile in Italia
ovunque sia commesso. C'è una bella differenza e forse andrebbe sottolineata da
tutti». Rimane peraltro da chiedersi se il contenuto della legge sia applicabile, visto che l'art. 9 del codice penale individua in una pena superiore a tre anni la possibilità che il reato diventi perseguibile in Italia anche se commesso dal cittadino in territorio estero e nei confronti di una o di uno straniero. Può essere sufficiente il disposto dell’art. 7 punto 5 per sottrarre a questa limitazione normativa il contenuto del DdL Varchi? __________________________________________________________________ Link nel testo: [1] - https://ilricciocornoschiattoso.wordpress.com/2015/03/28/il-corpo-della-madre-surrogata/ [2] - https://www.micromega.net/in-tre-a-fare-un-bambino-una-serie-tv-racconta-la-maternita-surrogata/ [3] - https://area-femminista.blogspot.com/2023/03/gpa-adozioni-rese-caparbiamente.html Attribuzione immagine: <a href="https://it.freepik.com/foto-gratuito/gestante_4291515.htm#page=2&">Immagine di jcomp su Freepik</a> | |||
9-12 Luglio 2024 |
venerdì 15 dicembre 2023
L’«IMPAZIENZA DELLE DONNE» E IL SONNO DELLE TANTE ISTITUZIONI (#Consulta compresa)
Ma la Corte costituzionale nel tempo tiene conto dei principi della Carta, o si richiama per caso alle statistiche relative al costume sociale? | |||
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In merito alla discussa affermazione del Presidente novello della Consulta Augusto Barbera - “Donne impazienti, riconoscete ciò che è già stato fatto” come riporta il sito di Repubblica -, Iole Granato, attenta frequentatrice di FB, ha commentato che «evidentemente millenni di pazienza non sono ritenuti sufficienti», ci si tratta quasi «come minorate cui sono state fatte larghe concessioni di cui essere riconoscenti”. Proprio questa è in effetti la reazione che nelle donne suscita e continua a suscitare quella dichiarazione infausta, malgrado il tentativo di ammorbidimento dei termini compiuto successivamente dal giudice. Senza dubbio si potrebbe provare a supporre che il giudice Barbera si riferisse non ai millenni ma solo al tempo che decorre dall’approvazione della nostra Carta costituzionale, ma anche così resterebbero alcune obiezioni da sollevare. Tra queste, una che riguarda il cognome materno ricusato nel 2006 dalla Corte (altra composizione, ovviamente, ma l’istituzione è comunque quella) in occasione della causa intentata originariamente presso il Tribunale di Milano dai coniugi Cusan e Fazzo, che portò nella sua conclusione al ricorso al Tribunale internazionale CEDU e alla conseguente condanna dell’Italia. Ci si potrebbe forse accontentare, se gli eventi successivi non obbligassero a una valutazione diversa. In occasione di una nuova richiesta di attribuzione del solo cognome materno, questa volta da parte di due genitori conviventi, la Corte costituzionale con un’ordinanza di rimessione SOSPESE il giudizio per interrogare se stessa e nel 2022, con la storica sentenza n.131, ANNULLÒ le disposizioni sino ad allora vigenti, stabilendo delle regole precise a tutela della parità dei diritti tra i sessi. In altri termini, quel che la Consulta LEGITTIMAMENTE fece nel 2022, la stessa istituzione avrebbe potuto farlo nel 2006, anzi avrebbe DOVUTO, proprio nel rispetto di quella Carta costituzionale a cui la Corte stessa faceva riferimento. E dunque l’impazienza delle donne è più che fondata, come la considerazione finale della nostra compagna di FB: «Ci sarebbe di che perderla definitivamente la pazienza». Con netta convinzione confermiamo, anche perché i ritardi non sono mai senza conseguenze. Nel caso dell’esempio riportato, quel ritardo intervenuto non è stato indolore per tanti figli e figlie, a cui sono stati sottratti quei benefici del doppio cognome che la Corte ha ampiamente descritto nel 2022 e anche prima, e non lo è stato nemmeno per le donne madri, che hanno dovuto subire senza speranza alcuna una patente discriminazione, per tutti gli anni intercorsi dal 2006 al 2022. | |||
15 Dicembre 2023 | |||
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sabato 21 ottobre 2023
#GiorgiaMeloni / Se lo scarso discernimento altrui impone una scelta
Quando un consorte di
principesco ha poco
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C’è chi pone in rilievo come dalle pagine di alcuni giornali sia passata in seconda linea la drammatica situazione in Medio Oriente, mentre campeggiano le vicende coniugo-relazionali della Premier e del suo disadattante ex-compagno. Sicuramente questo rientra nel substrato della mentalità italiana, abituata ormai da molto tempo a occuparsi di camere da letto singole o multiple, stabili o saltuarie, grazie alle note e storicizzate imprese di un precedente Presidente del Consiglio, tale Silvio Berlusconi. C’è da dire però che anche altrove certe situazioni, che riguardano i o le Premier, creano scompiglio tra le popolazioni interessate. Ricordiamo che il caso di Bill Clinton - diverso perché l’attore principale era il Presidente in prima persona e perché l’atto considerato andava ben oltre ammiccamenti e comportamenti volgari di natura prettamente sessuale - tenne col fiato sospeso gli Usa molto più degli affari interni o internazionali che si stavano delineando all’orizzonte. Devo dire che, pur essendo molto distante dalla posizione ideologico-politica della Premier, ho apprezzato la nettezza della sua reazione. Laddove Hillary Clinton si piegò a ingoiare la pillola amara propinatale dall’augusto coniuge rimanendogli accanto, Giorgia Meloni ha scelto il taglio senza mezzi termini. Certamente la posizione di una first lady è di minor rilevanza mentre quella di una Premier richiede maggior senso di responsabilità. Però Meloni la sua se l’è assunta in pieno, mandando il calciatore di dignità e sentimenti fuori dai giochi con tante frasi di benevola circostanza, che veicolano però un messaggio preciso. Di te mi resta ancora nostra figlia, un ”regalo” che tu in ogni caso mi hai fatto e che proprio perché “regalo” non prevede esercizio di proprietà. È in primo luogo MIA figlia (la cosa più importante della mia vita) e la tutelerò con ogni mezzo dalla tua disavvedutezza riprovevole. |
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21 Ottobre 2023 Attribuzione immagine, vai al link
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venerdì 12 maggio 2023
#ECONOMIA e #NATALITÀ - La vista corta da Destra a Sinistra (e viceversa)
Presente, Futuro prossimo e Futuro lontano / In che pieghe si annida il razzismo |
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Di Iole Natoli |
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“Prima gli italiani” lo sentiamo ripetere da anni e alla fine l’auspicio e programma è in procinto di realizzarsi davvero, dato che a rimanere PRIMA senza pensione tra pochi anni saranno proprio i molti italiani anziani e non i pochi giovani immigrati che lo Stato avrà provveduto a regolarizzare e che della loro pensione non hanno al momento la necessità di occuparsi. Di slogan ne abbiamo sentiti anche altri. Tra questi splende di luce impropria la “sostituzione etnica”, che non rimanda soltanto a esternazioni più o meno recenti della destra italiana ma, purtroppo, anche a denunce falsificanti dei sostenitori delle teorie del complotto, note come grande sostituzione, con cui si è tentato di spacciare per lecite talune operazioni stragiste. |
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A chiunque non abbia il cervello ottenebrato da asti razziali espressi o repressi, appare chiaro come occorra ampliare la platea delle forze attive che, nel produrre un reddito attraverso il proprio lavoro, forniscano attraverso il pagamento dei contributi un mezzo per pagare ADESSO le pensioni italiane, in vista di godere dello stesso beneficio in futuro mediante la ripetizione della dinamica. Se, a causa della contrazione delle nascite, forze attive nostrane ce ne saranno a breve pochissime rispetto alle necessità che si profilano drammaticamente all’orizzonte, non sembra ci siano alternative al ricorso alla capacità contributiva degli immigrati che occorrerebbe dunque non respingere (o tentare di farlo) ma, al contrario, regolarizzare il più possibile, affinché possano svolgere quel ruolo di salvagente che l’alta marea in arrivo non rende più possibile procrastinare. È quello che chiede la sinistra e che fa storcere il naso e l’intero viso alla destra. Se ne potrebbe dedurre che la destra sia venata – e anche molto - di razzismo e che la sinistra invece ne sia esente. Le differenze non sono però così nette e vedremo più avanti il perché. La destra ha lanciato a gran voce un programma per incrementare la natalità. Le misure però sono esigue soprattutto in rapporto alla durata. Si è calcolato che, per riparare nel tempo e non nell’immediato al deficit di nascite registrato, ogni donna dovrebbe partorire un po’ più di due figli, non nel senso di orientarsi verso un assemblaggio post partum di “pezzi” per ottenere in cooperativa un bambino intero (a questo ancora non siamo arrivate, in futuro chissà, certe premesse non lasciano presagire nulla di buono), ma secondo una banalissima media statistica. Le giovani coppie che vorrebbero avere dei figli ma che lo evitano per
mancanza di sicurezza economica non cambieranno opinione solo perché, per
iniziativa di questo o quel governo, arriva un assegno temporaneo atto ad
alleviare le prime spese che ogni nascita comporta. Quella figlia o quel
figlio arrivato dovrà anche crescere e per lui/lei occorrerebbe avere dunque
maggiori entrate di lunga durata affinché generare dei figli non sia di fatto
un salto nel buio da, in totale ragionevolezza, evitare. Non solo, ma come si
è giustamente fatto notare, prima che le nuove nate e i nuovi nati possano
lavorare contribuendo dunque al salvataggio delle pensioni degli anziani
passeranno un bel po’ di anni; qualcuno forse non se ne è reso conto, ma non
si può mandare a lavorare un soggetto in età da biberon. Puntare sui contributi degli immigrati e dunque ricorrere a loro in chiave puramente utilitaristica sarebbe una misura da adottare con urgenza per un tamponamento immediato. Pensare però che con questo si possano risolvere anche i problemi futuri è infondato, perché quel che avverrebbe in tempi brevi non sarebbe una sostituzione etnica a detrimento dei bianchi italiani ma una sostituzione culturale a detrimento dell’automatismo generativo che si attribuisce, a torto o a ragione, alle popolazioni immigrate. E qui non casca solo l’asino ma cascano tutte le forze politiche, che siano di destra, di centro o di sinistra. Le cause della scarsa natalità sono, sì, in massima parte economiche - e la precarietà lavorativa del mondo giovanile gioca un ruolo primario - ma
non soltanto. Esistono anche ragioni culturali, quelle che hanno indotto già da
anni molte donne a NON VOLER generare, consapevoli del fatto che la loro
realizzazione personale sarebbe stata compromessa dalla presenza, richiedente
impegno, di figli e convinte che la loro realizzazione non coincidesse con la
funzione della maternità. Alla luce di queste considerazioni, appare stolta e destinata a
infrangersi la convinzione che questo aspetto non finirà col “contagiare” a
non lunga distanza temporale anche le donne che oggi arrivano per effetto
dell’immigrazione, clandestina o regolare che sia, o quanto meno le figlie
che da loro nasceranno. In sostanza le misure per la natalità sono necessarie. Misure complete e
a tutto tondo e non solo briciole. Misure che vadano, oltre a un assegno
iniziale, al poter contare su un alloggio adeguato e sufficiente anche per
ampiezza, al poter fare affidamento su un’assistenza sanitaria efficiente ed
estesa, alla promozione della condivisione di cura dei figli tramite congedi
familiari equamente distribuiti tra i genitori, sino ai contributi per
l’istruzione della prole. Solo così quelle coppie o quelle donne single che
vorrebbero avere dei figli – che come
già rilevato non coincidono con tutte le donne in età fertile presenti sul
suolo italiano - potranno soddisfare il loro desiderio a beneficio anche
della comunità. C’è ancora una considerazione da fare. Da sempre ho potuto constatare come molte delle donne che non hanno voluto o, per cause varie, potuto avere dei figli si lamentino per talune agevolazioni di cui “godono” le donne che invece i figli li hanno messi al mondo. Ho sentito ripetutamente, ad esempio, insegnanti parlare di discriminazione per i punteggi aggiuntivi che producono precedenze in talune graduatorie pubbliche relative all’insegnamento, come se a quei figli, dalle altre donne messi faticosamente al mondo e altrettanto faticosamente allevati, non corrispondesse un lungo “lavoro” psicofisico usurante per le madri e come se quei figli non servissero anche alle non madri, per mantenere una popolazione scolastica tanto nutrita da consentire di non dover contrarre i posti di lavoro disponibili nel tempo. Questo atteggiamento non lo si rileva solo tra le insegnanti ma, più ampiamente, nel pubblico impiego. È una pecca, tutta al femminile, da cui occorrerebbe mondarsi. Essere libere di non volere figli è un diritto; pretendere di avvantaggiarsi della generatività altrui, senza assumerne il benché minimo peso, è un atto egoistico e miope.
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12 Maggio 2023 – data e ora italiane |
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Nota: immagini di pixabay.com.it:
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