sabato 1 giugno 2013

Società e Diritto / Occorre riformare il matrimonio


Un CONTRATTO A SCADENZA rinnovabile

   di Iole Natoli

“Ti amo ma non sono tua”
è alla base dei rapporti amorosi delle Moso, la cui cultura tradizionale sconosce il matrimonio
(Francesca Rosati Freeman)


Patricia Scotland - ©Iole Natoli

Stiamo iniziando a darci un gran da fare per arginare la violenza domestica, per salvare chi altrimenti rischia di venire ucciso, anzi uccisa, dato che in stragrande maggioranza si tratta di donne e solo in percentuale molto più bassa anche di uomini, come indicano numerose statistiche.
Da pochi giorni è stata ratificata anche in Italia la Conferenza mondiale di Istanbul del 2011

contro la violenza domestica e da pochissimo la Global Foundation for the Elimination of Domestic Violence (GF EDV), fondata a Londra da Patricia Scotland, Baroness of Asthal nel Regno Unito, ha aperto una rappresentanza a Milano, dove Marina Calloni, docente di Sociologia politica alla Bicocca, ha firmato con lei il documento di partnership, che la qualifica ambasciatrice di EDV Italy.
Marina Calloni - ©Iole Natoli
Atto importante, che fa sperare in un allargamento del progetto anche ad altre grandi città non lombarde e a una riduzione dei continui femminicidi, pari a quella che si è registrata in Gran Bretagna.
Dà sconforto però il constatare come per PREVENIRE l’insorgere della violenza si faccia invece poco e forse niente dovunque.
A causa della sua enorme estensione sotto tutte le latitudini, si dà superficialmente per scontato che la violenza sia connaturata nell'essere umano. Al contrario, la violenza è una TRAMA DELLA CULTURA, strutturata e alimentata sin dall'infanzia con atteggiamenti e metodi specifici, che in alcuni popoli primitivi risalgono al sistema di fasciatura dei piccoli e al tempo dell'allattamento al seno, motivati dalla "necessità"per quelle popolazioni di creare futuri guerrieri, sufficientemente crudeli e determinati per proteggere con la lotta la propria gente.  
Accanto a queste, esistono popolazioni altrettanto primitive che sconoscono la violenza completamente. Se ne apprende da moltissimi studi - cito per tutti un testo che ho molto amato, "Infanzia e società", di E. H. Erikson - e se ne ha la conferma dal sopravvivere di alcune culture matriarcali - ma non per questo ancora “primitive” - in alcune parti del mondo, come la cultura Moso e quella Minangkabau in Asia. Gli studi sulle società non violente andrebbero ampliati, difesi, diffusi e non sommersi dalla più totale dimenticanza o relegati a una pura curiosità di e per pochi. Finché non si ripensa la società nel suo intero, NON ne usciremo: ci occuperemo di stilare statistiche, di approntare protocolli da seguire per interventi chirurgici in campo, trasformandoci in ambulanze impazzite lanciate a destra e a manca sul pianeta per ARGINARE la violenza esistente. Pratiche sicuramente necessarie al momento attuale, indispensabili e sulle quali siamo oltretutto in ritardo, ma che diventerebbero nel giro di alcuni decenni non più necessarie, o almeno numericamente assai ridotte, se intanto agissimo, con un insieme di riforme incrociate, sulle cause.

OCCORRE MODIFICARE I NOSTRI RIFERIMENTI CULTURALI DI BASE
In virtù del fatto che alcune famiglie reggono le loro trasformazioni interne a sufficienza e sono in grado di educare bene i loro figli, maschi e femmine, si dimentica che la maggioranza delle famiglie NON è in grado di farlo, perché deve fronteggiare il suo sfacelo interno nascosto, che spesso prevede   già casi di violenza domestica.
Fino a quando si continuerà a pensare come necessaria la famiglia nella forma che noi conosciamo, una gabbia innaturale, monolitica e proprio per questo esplosiva, automaticamente durevole e mai pensata come transitoria e rinnovabile, saremo sempre tutte e tutti asserviti al circolo vizioso del sistema in qualità di perpetratori o di vittime, all’interno delle famiglie violente ma anche all’esterno, dato che con violenze e assassinii saranno intaccate, per esportazione, anche famiglie nelle quali la violenza non c’è, come dimostrano i femminicidi crescenti di giovani donne e di ragazze, fidanzate reali o vagheggiate.
Se solo si istituisse il matrimonio a scadenza rinnovabile, le famiglie ben riuscite e vitali - quelle e non altre - rinnoverebbero sistematicamente il "contratto” ma al tempo stesso l'idea di una famiglia a scadenza incombente ESTIRPEREBBE la convinzione che il matrimonio o il rapporto di coppia sia POSSESSO della persona e sgretolerebbe il senso di fallimento personale che assale i membri della coppia in crisi, fino a portare uno dei due - solitamente l'uomo, esercitato dal sistema patriarcale all’attacco - alla violenza e anche all'omicidio.
È un errore gravissimo supporre che l’introduzione del divorzio in Italia, ma forse anche altrove, abbia modificato di molto la percezione del matrimonio come contratto indissolubile.
È indicativo per esempio un dato italiano. Gli stessi sostenitori o sostenitrici della necessità di modificare la patrilinearità del cognome, mezzo di effettiva discriminazione nei confronti della donna, chiedono spesso l'approvazione di una legge che preveda il cognome unico a scelta e non si accorgono che stanno dando per scontata con questo l'eternità del vincolo matrimoniale, dimenticando che nel reale le unioni "indissolubili" si dissolvono, se ne formano altre e nascono altri figli, che rischiano con detto sistema di portare un cognome diverso da quello dei propri fratelli; chi ha imposto, infatti, al proprio o alla propria partner il suo cognome una volta (la "scelta" spesso è nella realtà un’imposizione) non ha alcuna certezza di poter fare altrettanto in caso di nuova filiazione con altra persona, giacché quella persona potrebbe avere lo stesso, identico interesse a far prevalere il proprio cognome e non l'altrui, avendo magari a sua volta già dei figli.

Nonna Moso - ©Francesca Rosati Freeman

L’intero schema della vita sociale e soprattutto quello della famiglia è giocato sulla discriminazione più palese e strutturato in modo da aumentarla progressivamente, sommando nuovi fattori ai primi nel corso della vita, i cui effetti sono poi le esplosioni di cui ci meravigliamo stoltamente, dopo aver contribuito a mantenerli in vita e alimentarli, come fossero "ovvietà" non rimovibili.
È indispensabile modificare la FORMULA MATRIMONIALE in tutto lo schema familiare: dal doppio cognome paritario dei figli alla struttura del vincolo stesso, a una diversa articolazione di separazioni e divorzi e del metodo di affidamento dei figli. Aspetto questo che non potrà essere adeguatamente affrontato finché non si saranno attuate le prime riforme, perché se è vero che talora anche i padri subiscono ingiusti allontanamenti dai figli, determinati dalla diffusa cultura del possesso di cui sono portatrici anche le donne, è altrettanto vero che non si può ragionevolmente insistere su affidamenti condivisi e altre formule in sé non irrazionali, sinché le radici del sopruso e del dispetto, quando non della violenza indimostrabile, abbondantemente praticati dagli uomini separati e molto meno dalle loro mogli, non saranno state troncate di netto dall’instaurarsi di una nuova cultura: quella del rispetto paritario tra  i sessi e della levità non più castrante del vincolo.

Milano, 1.06.2013 


©Iole Natoli



3 commenti:

  1. Su Il Venerdì di Repubblica del 28 giugno 2013, nella rubrica Bioritmi di Claudia Arletti, leggo in merito alla proposta di riformare il matrimonio rendendolo un “contratto a scadenza rinnovabile”, da me avanzata proprio in questo blog: “L’idea è affascinante perché rivoluziona la prospettiva: la famiglia cessa di essere una gabbia, il principio del possesso lascia il posto a quello del rispetto, e su queste rosee basi è possibile perfino teorizzare che - liberata da obblighi e catene - la relazione della coppia, di rinnovo in rinnovo paradossalmente si riaffermi come eterna”.

    Io ringrazio Claudia Arletti per questa eco data alla mia pagina e tuttavia devo precisare una cosa. Il mio obiettivo non era e non è quello di ridare roseo ed eterno lustro alle relazioni coniugali. Ho inteso solamente evidenziare come l’introduzione della scadenza rinnovabile non determini la fine di un rapporto SE questo è vitale; dunque niente allarmismi.

    A me interessa, invece, un’altra cosa: sradicare l’idea di possesso che è implicita nelle relazioni “eterne” di coppia e che genera la maledizione sociale del femminicidio. Non a caso ne ho scritto proprio in occasione della venuta di Patricia Scotland a Milano per l’estensione all’Italia dell’EDV, il programma, da lei messo a punto e sperimentato efficacemente già altrove, contro la violenza domestica.

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  2. Inoltre, dopo aver accennato a due iniziative non dissimili, avanzate senza successo in Messico e in Germania, Claudia Arletti conclude: “C’è diche riflettere, ricordando che in Paesi come l’Iran, dove non è una rarità, il matrimonio a tempo per le donne spesso è tutt’altro che vantaggioso”. Personalmente non ne dubito. In Paesi come l’Iran è molto ma molto difficile che esista qualcosa di “vantaggioso” per il genere femminile.
    Non si possono paragonare misure apparentemente uguali poste in contesti addirittura opposti tra loro. La mia lotta di lunga data per il cognome materno ai figli - il doppio cognome paritario - la dice lunga sul modello sociale per cui opero e indica già da sola quanti anni luce possano intercorrere tra una nuova società paritaria attuabile in Italia e una che sia almeno pensabile in Iran.

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  3. Rinvio a due link relativi al Messico e alla Germania - iniziative di cui ho appreso grazie a Claudia Arletti ma che si collocano in un'ottica diversa dalla mia, essendo generate da considerazioni differenti - e anche a un mio scritto del 2012, dal titolo "Istituto matrimoniale anticamera del Femminicidio... o quasi", che è la matrice di quanto ho espresso nel giugno di quest'anno in "Un contratto a scadenza rinnovabile".

    1_ http://www.ilgiornale.it/news/messico-lidea-sinistra-contro-i-divorzi-matrimonio.html
    2_ http://www.lastampa.it/2007/09/21/blogs/danni-collaterali/nozze-anni-rinnovabili-la-proposta-shock-di-gaby-7ERSkt8J5PjocCZauXezuN/pagina.html
    3_ http://femminismi-confronto-work.blogspot.it/2012/05/societa-e-diritto-femminicidi-e-dogmi_23.html

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