Sui “CONTRATTI” per la Gpa e sul DIRITTO ITALIANO
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di Iole
Natoli
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Al di là della lesione del diritto naturale del bambino e dello stato di contenitore-oggetto a cui viene ridotta la donna con la pratica della Gpa, temi sui quali ho scritto in altre pagine del blog (link), v’è un elemento che non viene mai rilevato e consiste nell’aspetto giuridico di questa “rivoluzione culturale”… che di fatto rivoluzione non è e riporta anzi ai tempi in cui la donna veniva paragonata alla “terra”, inseminata dal maschio padrone. Il punto centrale della Gpa è per i committenti la certezza che la gestante non possa decidere di tenere con sé il bimbo che ha partorito. Da lì la ricerca di contratti preimpianto, che garantiscano il “licenziamento” della partoriente a risultato ottenuto. In questa direzione si colloca la proposta dell’Associazione Luca Coscioni (link), fantasiosamente definita “gestazione etica” che con l’Art. 1 prevede:
«Per
gestazione per altri s’intende quella di una donna che volontariamente e liberamente
ospita nel proprio utero, fino al termine della gravidanza, un embrione prodotto
attraverso le tecniche di fecondazione in vitro e che, prima dell’inizio della gestazione,
si è impegnata con atto irrevocabile,
da sola o unitamente alla persona con cui è sposata o è convivente, a partorire il figlio del genitore o
dei genitori e a rinunciare a
qualsivoglia diritto genitoriale sul bambino che nascerà. Tutti i
soggetti qui coinvolti accettano integralmente il contenuto del successivo
articolo 6 con dichiarazione inclusa nell’atto di cui al successivo articolo
5».
Il tutto
confortato da un atto definito dall’art. 5, che assume il preciso valore di
contratto e fa della soppressione del diritto femminile al ripensamento il suo perno, statuendo un'irrevocabilità
che contrasta con l'evoluzione non governabile dell'esperienza
gravidica e che appare piuttosto sospetta se sostenuta da aree radicali,
considerate a quanto pare a torto libertarie, che si sono battute in
passato per il divorzio, ovvero per l'abolizione dell'irrevocabilità del matrimonio.
La
stesura di un simile progetto denota, oltretutto, una consistente “distrazione”. Negli
USA - non so se dovunque o solo in alcuni stati - in effetti funziona
così; in altri luoghi tra quelli che la consentono no, ma questi ultimi
non sono tra i più gettonati dai committenti. Da noi una simile prassi contrattuale non
potrebbe rientrare nel Diritto e non solo perché postula l’alienazione
“volontaria” della donna, ma per un fatto per così dire “a monte”.
Da noi
le leggi prevedono che il genitore possa e debba esercitare la responsabilità
(ex potestà) genitoriale SOLO nell’interesse del figlio e in rappresentanza
legale di quest’ultimo. Al di fuori di tale situazione la sua azione legale è
interamente nulla.
Ora, visto che il figlio al
tempo dell’impianto ancora non c’è, come potrebbe un qualsiasi aspirante futuro
(e conseguentemente anche ipotetico) genitore di qualsiasi sesso chiedere
allo Stato italiano di considerare valido un qualsiasi contratto, che potrebbe aver valore solo se
all’embrione venisse riconosciuto lo Statuto di Persona, che di fatto non
ha?
Non diciamolo ad Adinolfi,
altrimenti pur di giungere all’abolizione della legge sull’aborto si converte
e sposa la causa della Gpa…
Nota per una corretta lettura. La foto capovolta non è una svista ma una "suggestione" volontaria. |
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27.10.2017
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© Iole Natoli
(link)
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giovedì 26 ottobre 2017
VICOLI CIECHI - LE INCONGRUENZE DELLA GPA
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