venerdì 30 novembre 2018

Una NORMA per FERMARE L'ABUSO della "GPA" Lanciata una PETIZIONE al Parlamento


Diciamo NO all'UTERO IN AFFITTO che rende vendibili i bambini privandoli della madre naturale

di Iole Natoli


 

 

Ci si confronta e scontra, anche a livello istituzionale, sulle certificazioni anagrafiche delle vittime di una prassi malsana - situazione che andrebbe fronteggiata con una rapida adozione del bambino da parte del cosiddetto genitore intenzionale, in linea con quanto espresso in passato dalla Corte di Strasburgo - e si tralascia invece di occuparsi del come prevenire il problema, arginando la deriva già in corso.

Recentemente alcune esponenti della destra parlamentare hanno presentato proposte di legge, al fine di stabilire la perseguibilità della surrogazione di maternità – detta Gestazione per altri, o più appropriatamente "Utero in affitto o in comodato" – anche in caso di pratica attivata e portata a compimento all’estero. Ne siamo liete e ringraziamo le autrici; è quello che la Rete Femminista Italiana Contro L’Utero In Affitto chiede a gran voce da tempo e su cui stranamente la sinistra, che in altre parti d’Europa si è fatta carico con chiarezza del problema, ha preferito sinora non muovere foglia.

Ciò che però rileviamo esaminando le proposte è, in primo luogo, l'assente determinazione della pena che è invece essenziale per ottenere il risultato auspicato e, in secondo luogo, una specificità insufficiente, visto che i ruoli giocati nella vicenda della surrogazione sono diversi e che in nessuna delle proposte se ne tratta.
Ci appare dunque necessario che un'integrazione con altre formulazioni ci sia, affinché quanto desiderato e proposto divenga fattibile in concreto.

La prima norma di cui si chiede qui l'introduzione consiste nel definire come reato, punibile con reclusione non inferiore a tre anni - tre, che dovrebbero essere tali al netto di ogni sconto di pena solo nel caso in cui gli eventuali sconti potessero interferire con la punibilità (cosa di cui non sono informata) -, l'indurre una persona a sottoporsi a terapie farmacologiche e a interventi medici mirati all'utilizzo di un organo del suo corpo e dunque del corpo stesso per un fine a lei estraneo, come nel caso di una GPA, che non rientri nell'ordine di una donazione di organi fatta allo scopo di salvare una vita umana.

Ciò perché, come da art. 9 del codice penalecon una pena superiore a tre anni il reato diventerebbe perseguibile in Italia anche se commesso dal cittadino in territorio estero e nei confronti di una o di uno straniero.

È evidente che una norma siffatta colpirebbe tutti i soggetti coinvolti nella GPA ad eccezione della “prestatrice d’opera”, che per questa via verrebbe esonerata dal dilemma esistenziale consistente nello stabilire se la sua autodeterminazione di persona possa avere a che fare col prestare il suo utero ad altri determinando così la nascita di una vita umana a lei estranea, DIRITTO CHE NON LE COMPETE.
È altrettanto evidente che i cosiddetti genitori intenzionali dovrebbero valutare, PRIMA di accedere a una GPA in Italia o all’estero, quanto sia loro gradita la prospettiva di trascorrere un minimo di tre anni in stato di detenzione, portandosi eventualmente in carcere il bambino.

Non è da escludere che in alternativa a quanto proposto si possa invece intervenire sull’art. 9 c.p. prevedendo un abbassamento del tetto dei tre anni per la perseguibilità dei reati commessi dai cittadini italiani all’estero, adeguandolo alle pene previste dalla legge 40/2004 sulla Procreazione assistita.

Abbiamo visto di recente manifesti aberranti, lanciati nel giorno dedicato alla lotta alla violenza contro le donne. Alle proteste di una larga maggioranza di femministe, che hanno portato la loro voce anche all’ONU, si contrappongono campagne mosse da egoismi personali, che veicolano – consapevolmente o meno - enormi interessi di mercato. Mercato di bambini, mercato di donne, lavaggio del cervello della popolazione, attivato affinché quegli interessi egoistici e commerciali prevalgano.

Non c'è maggiore stoltezza di quella che identifica l'autodeterminazione della donna col presunto diritto di farsi VOLONTARIAMENTE ingravidare, per mettere al mondo VOLONTARIAMENTE un essere verso il quale, VOLONTARIAMENTE, non intende assumersi quella responsabilità genitoriale che discende automaticamente - e per legge - dal mettere al mondo un bambino. E chi pretende di assimilare tale situazione al diritto riconosciuto alla madre partoriente di non essere nominata come madre commette un errore madornale, dato che in quest'altro caso ci troviamo dinanzi a una gravidanza non voluta (dunque subita) e non provocata ad arte come una Gpa.

L'autodeterminazione presuppone che questa sia esercitata su di sé, non su altri, perché in caso contrario diventa un'autodeterminazione volta ad etero-determinare. Ora, la donna che, per supposta autodeterminazione, prende la decisione di mettere al mondo qualcuno che niente ha a che fare con la sua identità personale e genetica, per poi darlo ad altri come da programma, sta eterodeterminando quell'essere. Di conseguenza, la sua azione può essere definita correttamente come pura e semplice “prevaricazione”, sia pure indotta da un sistema prostituente che le toglie la dignità di persona.

La sentenza n. 272/2017 della Corte Costituzionale, chiamata a valutare un procedimento di impugnazione del riconoscimento di figlio naturale per difetto di veridicità – il bimbo era nato all’estero da una gestazione surrogata e non aveva nessun legame biologico con la coppia che lo aveva ottenuto -, nell’affermare che l’interesse del minore è preminente rispetto ad altre considerazioni pur valide, ha espressamente definito la cosiddetta “maternità surrogata” come pratica “che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”.

Intollerabile è la parola giusta e non solo perché ad usarla è la Corte. L’intollerabile lesione della dignità femminile e dell’infanzia, considerata merce da progettare su catalogo, da vendere e privare della naturale continuità con la madre, VA FERMATA.

Ciò che qui si propone di inserire in una proposta di legge non ha solo un aspetto punitivo, ineliminabile per qualsiasi reato; ha una funzione dissuasiva eminente, consente di rendere poco appetibile un’intenzionalità genitoriale, nonché un’esorbitanza retribuita di potere, che dell’obbligo di rispettare la dimensione umana della filiazione, con una fin qui incontenibile protervia, si beffa.

È sufficiente punire chi induce o appare invece altrettanto necessario, anche per una forma di coerenza, punire allo stesso modo chi si lascia indurre da altri a procreare a vantaggio di perfetti estranei? Deciderà chi adotterà la proposta. Che ci si limiti alla norma qui delineata o si ritenga di aggiungerne un'altra, occorre che la punibilità sia assicurata e che dunque l'entità della pena consenta, diversamente da oggi, il perseguimento del reato commesso anche all'estero e non solamente in   Italia.

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Milano, 26 novembre 2018 - 16 aprile 2023
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