Una notizia shock manipolata
ci mette vis-à-vis con la realtà
di Iole Natoli
Noa Pothoven
la diciassettenne che aveva narrato in un libro le sofferenze dovute a un’esperienza infantile di stupro per le quali si è lasciata morire |
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Molti anni addietro,
nell’ambito di un esperimento condotto in un corso di aggiornamento
scolastico sulle dinamiche di gruppo e articolato in tre livelli successivi,
emerse una situazione singolare.
Nel primo stadio, a cui
partecipavano tutti i corsisti, ciascun membro ricevette il compito di
esporre una sua idea di modifica della scuola, ritenuta importante per la
collettività umana. Nel secondo livello, le proposte considerate affini
furono affidate a un sottogruppo, che avrebbe dovuto discuterle e
riformularle in una stesura unitaria, affinché nel terzo livello si
pervenisse dopo un ulteriore dibattito ad un’utile sintesi, che comprendesse
e rendesse chiare per il destinatario finale tutte le istanze espresse
dalla base.
Con sorpresa, verificammo
che nella stesura conclusiva di quelle istanze non era rimasto più nulla.
Attraverso una progressiva astrazione, le idee espresse erano state
sostituite da formule stereotipate del tutto estranee alle proposte
iniziali.
La narrazione della vicenda di Noa Pothoven, la diciassettenne che aveva raccontato in un libro le sofferenze dovute a un’esperienza infantile di stupro per le quali si è lasciata morire, mi sembra mostri un andamento analogo.
Non soltanto sulla stampa,
che ha divulgato la notizia di un’eutanasia che non è stata invece
concessa dallo Stato, ma persino nei gruppi di discussione su FB, la realtà
delle conseguenze dello stupro (o degli
stupri, come qualcuno ha scritto) è quasi interamente scomparsa, per
lasciar posto a una discussione sull’eutanasia e in particolare a quella
relativa all’infanzia, prevista in Olanda anche se non attivata per le
depressioni.
Nella maggioranza degli interventi sono state declinate certezze sul fatto che una terapia psicologica o psicoanalitica avrebbe potuto, in un ipotetico futuro, risolvere le sofferenze di Noa, delle quali si è discusso pochissimo, quasi coprendo le ragioni di base che avevano suscitato la richiesta dell’eutanasia da parte della giovane vittima. Paradossalmente, si è discusso a colpi di fioretto di altro.
Ma perché questo spostamento
è avvenuto? Perché è scomparsa Noa a favore di discettazioni astratte,
che delle sua voce serena ma intimamente dolorante non hanno saputo tener
conto? Credo che ci sia più di un motivo.
In primo luogo, lo stupro,
per quanto sia un crimine frequente, non è un’esperienza collettiva ma
individuale e la capacità di mettersi nei panni degli altri difetta sempre al
genere umano.
Secondariamente, se qualcosa fa molta paura si tende ad allontanarla dalla mente. Parlare dell’eutanasia e non del dilaniante dramma di Noa rientra in questa tecnica dello struzzo collaudata. Per finire, ammettere che esistano situazioni psichiche incurabili terrorizza più della stessa idea approssimativa di stupro, perché sapere che all’invadenza di un trauma possono non esistere argini ci spoglia per intero della capacità di fronteggiarlo. Ci lascia inermi, ci riduce a zero.
Penso che la vita sia sempre
e soltanto di chi ce l’ha e non di altri, nemmeno di uno Stato; che la vita
dovrebbe essere un bene e non una feroce disgrazia; che orribile è stata resa
l’esistenza di una ragazzina che, se non fosse mai stata stuprata, oggi
sarebbe tra noi con quel sorriso che le sarebbe spettato poter mantenere,
quale espressione dell’intimità personale, di cui nessuno avrebbe dovuto disporre.
Lo psicoanalista Maurizio
Montanari ha scritto in un
articolo odierno: « Non solo l’Italia, ma anche l’Europa, pare non
possedere quegli strumenti che permettano se non di vedere, almeno di intuire
quanto il male oscuro possa a volte condurre a stati di sofferenza
abissali, continuativi e senza possibilità di lenimento». Ed ancora: «Il
fenomeno della ri-esperienza è un effetto del trauma, una conseguenza che può
riverberarsi per anni ed invalidare ogni momento della vita della vittima
sino a renderla una vuota passerella sulla quale le scene dello stupro
sfilano ininterrottamente, giorno e notte».
È a questo girone infernale
senza fine che Noa ha lucidamente “scelto” di sottrarsi, per una non più
sostenibile stanchezza, rivendicando quella dignità umana che alcuni ciechi
avrebbero preferito negarle.
Mi scuseranno i sostenitori
delle torture a vita, però io sto dalla parte di Noa e poso il mio sguardo
materno su di lei, accarezzando, con estremo rispetto, quel suo profondo
desiderio di pace.
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5.06.2019
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mercoledì 5 giugno 2019
NOA POTHOVEN - L’inenarrabile sofferenza negata
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