domenica 30 ottobre 2022

THE PRESIDENT / Lettera n.2 a #GiorgiaMeloni

 

Da THE PRESIDENT a LA PRESIDENTE del Consiglio in Italia

Di Iole Natoli

 


Cara Giorgia, alias Illustrious Mr. President,
facciamo seguito alla Lettera aperta
che Le abbiamo inviato in precedenza sul tema.

Una nota della Presidenza del Consiglio ha reso noto che il cerimoniale prevede l’uso del maschile per le funzioni che La riguardano. Qualcun altro – anzi qualcun’altra, trattandosi di Nunzia De Girolamo - ha ricordato durante una puntata televisiva di “Piazza pulita” che in Costituzione il ruolo indicato per Lei e per le donne che compongono il suo Governo è al maschile: “il Presidente e “il Ministro.

Diciamo dunque che se all’atto della sua assunzione del ruolo di Presidente del Consiglio e della nomina dei membri del Governo Lei ha usato il maschile, la sua presentazione della lista può perfino essere considerata impeccabile. L’impeccabilità però si ferma lì e ci accingiamo a indicarne il perché.

Se le cariche pubbliche e i ruoli istituzionali sono scritti al maschile è perché TUTTE le cariche pubbliche sono state pensate SOLO per i maschi nei secoli bui del patriarcato, le cui propaggini giungono ancora oggi sino a noi.

Lei e i membri del nuovo governo avete giurato sulla Costituzione. Tutta al maschile. Ricordiamo le circostanze e le date di quando è stata scritta quella Carta. Era stato CONCESSO alle donne il voto attivo da poco (31 gennaio 1945) e poco dopo venne loro CONCESSO di potere anche essere elette (voto passivo, 10 marzo 1946).
Era pensabile che nel giro di brevissimo tempo (25 giugno 1946 - 31 gennaio 1948) le (poche) madri e i (molti) padri costituenti operassero una rivoluzione del linguaggio? No, ALLORA non era pensabile. OGGI sì.

C’è un articolo della Costituzione che recita:
«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
È l’articolo 3 e Lei lo conosce.

Vede, Presidente, la consuetudine di analizzare le parole ci ha condotte, ormai da molti anni, a riflettere sulle leggi. La Costituzione, poi, è il “Libro fondamentale” della nostra Repubblica, come si fa a non esaminarne gli articoli? E così Le chiediamo:
1 - affermare che tutti i cittadini abbiano pari dignità sociale e siano eguali davanti alla legge può riguardare SOLO le leggi ordinarie e non anche la legge fondamentale della Repubblica, ovvero la Carta costituzionale?

2 – se tale affermazione riguarda anche la stessa Costituzione, non crede che l’oscuramento del sesso femminile, di cui soffre anche la nostra Carta, sia da considerare in contrasto con la pari dignità sociale di cui al primo comma dell’art. 3?

3 – Se il secondo comma dell’art. 3 afferma che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana», non crede che il linguaggio tutto al maschile della Carta costituzionale vada cambiato?

Lei è la prova vivente degli anni intercorsi dal varo della Costituzione (1948) sino al momento in cui UNA DONNA è stata posta a capo della Presidenza del Consiglio in Italia (2022). Non ci sono voluti 74 anni per caso.
Peraltro, Lei è stata obbligata nei fatti a confrontarsi con l’impianto maschile del sistema, venendosi a trovare al centro di contestazioni linguistiche di cui un Presidente di sesso maschile non avrebbe mai potuto fare esperienza, dato che il linguaggio giuridico è stato tagliato su misura per vestire con abiti appropriati solo i maschi.
La sua presenza non ha solo infranto il tetto di cristallo, ha sconvolto le sonnolenze usuali, ponendo persino coloro che di linguaggio e di leggi non si erano mai voluti occupare di fronte alla ridicola realtà di un vuoto linguistico codificato.

Presidente, sappiamo che Lei ha in programma di modificare la Costituzione nel senso di rendere il nostro Stato una repubblica presidenziale.
Non vogliamo affrontare qui questo problema complesso, che molte di noi non hanno ancora sviscerato a sufficienza e che non ci trova tutte della stessa opinione. Non è questo il tema del nostro scritto oggi.
Quel che ci interessa invece porre in luce è che l’idea di una modernizzazione della Carta non Le è estranea. Allora Le chiediamo: perché non pensare preliminarmente a una modernizzazione del linguaggio, rendendo la Carta costituzionale uno scudo sociale tangibile per tutte le donne?

Lei sarà anche conservatrice, come afferma, ma non può esserlo al punto da voler mantenere inalterata un’arcaica definizione dei ruoli, tipica di tempi storici ben più ingessati dei nostri. Come si può dimenticare che quelle formulazioni linguistiche sono state ereditate, a dispetto della rielaborazione dei contenuti, dal sistema legislativo del precedente regime monarchico, paradigma di un clima sociale che considerava lecito estromettere le donne non solo dal potere politico ma perfino dai fondamentali diritti della persona?

Il suo conservatorismo dichiarato non l’ha portata ad autoescludersi in omaggio a una tradizione, che nelle stanze più alte del potere ha voluto sin qui soltanto gli uomini. Il suo essere donna, al di là delle tante diversità delle donne, Lei non lo nasconde anzi lo proclama.
Faccia di più. Apra le porte all’aria fresca del cambiamento. Promuova, ora che è arrivata dov’è, una “rivoluzione” del linguaggio. Cominci dal protocollo del cerimoniale (cosa ben più immediata e agevole di una modifica linguistica della Costituzione), affinché l’altra donna che un giorno Le succederà non sia obbligata da un documento, degno di parrucconi di secoli oscuri, a parlare di se stessa e delle altre donne di governo al maschile, mimetizzando pudicamente, sia pure non per propria scelta ma come dogma patriarcale richiede, la propria costitutiva identità.

Nell’attesa, Le porgiamo i nostri saluti.

Aderiscono: Giovanna Berna,  Angiola Pitzalis, Ester Rizzo, Pierina Di Salvo, Marina Petrucci, Alessandra Adesso, Nathalie Niki Pellegrino, Roberta Fumagalli , Ekaterina Menchetti, Daniela Fusari, Sara Marsico, Daniela Anna De Carlo, Laura Simeone, Danila Baldo, Giovanna Ferrari, Iole Granato, Grazia Speranza, Floriana Baldassi D'Arrigo.     

31 Ottobre 2022
Inviata per Pec l'1.11.2022

© Iole Natoli

Hanno aderito dopo l'invio della mail: Silvia Magistri, Carmen Mirabella, Concetta Contini, Anna Rita Strina, Serafina Di Majo, Idanna Matteotti.

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