La GPA
snatura di prepotenza la vita arrogandosi diritti che non ha
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di Iole Natoli
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In Italia, una proposta di
legge formulata dall’Associazione Luca Coscioni pretenderebbe di introdurre
da noi una GPA regolamentata e per di più con contratto che vincoli la madre
a cedere il bambino ai committenti dopo il parto.
Al di là di quel che c’è da
obiettare a una simile manipolazione della vita umana, c’è da chiedersi quale
valore potrebbe mai avere in Italia un contratto stipulato in concomitanza
con la procedura d’impianto in utero, quando cioè non esiste ancora un soggetto
giuridico in nome del quale il donatore e/o la donatrice di materiale
biologico o un suo partner, definiti genitori intenzionali, possano
esercitare un qualche diritto.
Vorrei però che si riflettesse sull’ipotesi di norma che qui prospetto, per tagliare di netto la questione e per arginare i casi di ricorso a una GPA all’estero, con successivo trasferimento dell’innocente creatura in Italia e con le difficoltà che ne conseguono, evidenziate dalla controversa sentenza della Corte d’Appello di Trento.
La norma che a mio avviso va introdotta
dovrebbe definire come reato,
punibile con reclusione non inferiore a tre anni – tre, che dovrebbero essere tali al netto di ogni sconto di pena solo nel caso in cui gli eventuali sconti potessero interferire con la punibilità (cosa di cui non sono informata) –, l'indurre una persona a
sottoporsi a terapie farmacologiche e a interventi medici mirati all'utilizzo di un organo del suo corpo e dunque del corpo stesso per un fine a lei estraneo, come nel caso
di una GPA, che non rientri nell'ordine di una
donazione di organi fatta allo scopo di salvare una vita umana.
Come da artt. 9 e 10 del codice penale, per una pena superiore a tre anni il reato sarebbe perseguibile in Italia anche se commesso dal cittadino in territorio estero e nei confronti di una o di uno straniero.
È evidente che una norma
siffatta colpirebbe tutti i soggetti coinvolti nella GPA ad eccezione della
“prestatrice d’opera”, che per questa via verrebbe esonerata dal dilemma esistenziale
consistente nello stabilire se la sua autodeterminazione di persona possa
avere a che fare col prestare il suo utero ad altri determinando così la
nascita di una vita umana a lei estranea, DIRITTO CHE NON LE COMPETE. È altrettanto evidente
che i cosiddetti genitori intenzionali dovrebbero valutare, PRIMA di accedere
a una GPA in Italia o all’estero, quanto sia loro gradita la prospettiva di
trascorrere un minimo di tre anni in stato di detenzione, portandosi
eventualmente in carcere il bambino.
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17.03.2017
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© Iole Natoli
(link)
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venerdì 17 marzo 2017
Contro il delirio della GPA che rende proprietà contrattabile i bambini
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