mercoledì 10 febbraio 2016

Emendamento al DdL per le Unioni Civili (#Cirinnà)


MODESTA PROPOSTA PER PREVENIRE
scriveva G. Berto - Sul DdL per le Unioni Civili, anche noi
di Iole Natoli  

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Facebook serve a volte anche a questo, a creare la proposta di un emendamento che sarebbe  ben potuto venire in mente in realtà a chi sta gestendo, nel bene e nel male, le vicende del DdL sulle Unioni civili, inteso come Legge Cirinnà.
«Basterebbe che la legge sulla stepchild adoption prevedesse che il figlio del coniuge risultasse adottabile solo se concepito secondo le leggi italiane. Essendo l'utero in affitto illegale in Italia, chi usufruisse per il futuro di questa pratica resterebbe fuori dalla possibilità di adottare. Mi pare una soluzione semplice e praticabile», scriveva Cristina Favati di Snoq Genova.

Raccogliendo l’invito di Cristina, alla sua introduzione al tema univo dunque la mia formulazione della modifica e talune considerazioni aggiuntive.
Da lì, la proposta di emendamento finita.
 “Modesta” perché eleborata in un pomeriggio, alla svelta, e “per prevenire” in quanto si oppone per il futuro all’abuso dell’importazione in Italia di un figlio da GPA avviata all’estero, in barba alle vigenti disposizioni di legge italiane. Abuso che non è stato attuato soltanto dai Gay, come si tenta di far credere, ma in misura ben maggiore dalle coppie eterosessuali, cui l’art. 44 della 184/1983 ha fatto da ombrello, da parasole, da tuta mimetica, da quel che volete voi, ma comunque da strumento di nascondimento della compravendita di un utero femminile che sta dietro l’asettica sigla di GPA. 
EMENDAMENTO PROPOSTO
Art. 5. (Modifiche alla legge 4 maggio 1983 n. 184)
1 - L’Art. 1. della L. 4 maggio 1983, n. 184 viene modificato nel seguente modo:
I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7 e ove non concepiti mediante la pratica illegale in Italia della GPA, che sia stata attivata all’estero.
L’esclusione di cui al comma precedente relativa al concepimento tramite GPA non si applica ai minori già nati o che nasceranno entro 270 giorni dalla data di promulgazione della presente legge.
La rimanente parte dell’articolo 5 - dopo la parola «coniuge» sono inserite le parole «o dalla parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso» - rimane invariata.
Tutto qua. Ci vuole più tempo a digitarlo che a pensarlo. Logico, preciso e soprattutto equo e reale.
Infatti, o la GPA è lecita in Italia e dunque può essere utilizzata dalle coppie, etero o omosessuali che siano, O ESSA È VIETATA E ALLORA LO È PER TUTTI, per tutte le coppie sposate o conviventi, quale che sia il loro orientamento sessuale.
Il secondo comma che ho indicato è pensato quale adeguamento al vantaggio che, da un art. 44 della 184/1983 così vago e permissivo, hanno già ricavato quelle coppie eterosessuali che hanno fatto ricorso alla Gpa prevista all’estero. Tali coppie eterosessuali rappresentano la maggioranza e non la minoranza degli utilizzatori dell’utero femminile a scopo di procreazione impropria; impropria nel senso di attivata con sistemi innaturali e con lo spossessamento di sé della gestante coinvolta.
Estendere questo adeguamento anche ai nati entro 270 giorni dalla promulgazione della legge rappresenta, infine, una sanatoria dovuta a quei bambini che non hanno alcuna responsabilità nell’accaduto, un accaduto di cui, con la modifica che qui si propone, i committenti e futuri genitori dovranno farsi carico senza più scappatoie di fronte ai loro eventuali figli, qualora volessero continuare a ignorare l'attuale dettato della legge italiana. (Nota del 2023 - oggi penso che quest'ultimo comma sia da respingere, perché introdurrebbe diversità tra figli nati prima e figli nati dopo e invece le discriminazioni sono ciò che è mio intento scongiurare).
Si potrebbe obiettare che sulla GPA si è aperto un dibattito tra le donne - e non solo - e che esistono posizioni divergenti. Verissimo. Nulla e nessuno vieta però di continuare ad approfondire il confronto e di PENSARE eventualmente a una legge che permetta IN ALCUNI CASI (ad esempio nell’ambito parentale e strettamente amicale) il ricorso a tale pratica con una serie di norme a garanzia della prosecuzione del rapporto tra la gestante e figlio partorito, nell’interesse morale e pratico di entrambi i soggetti qui nominati. Soggetti e non oggetti da comprare e da vendere (link).
Questo però appartiene al futuro, a un dopo confronto che invece è appena iniziato. Dall’esito del confronto dipenderà se continuare a vietare, muovendosi però a livello internazionale in tal senso, o se aprire un qualche spiraglio, anche qui a livello non nazionale ma mondiale.
Al momento in Italia esiste un divieto, che qui non si introduce ma si richiama; non ci sono norme che garantiscano né la gestante né il bambino e che evitino concretamente l’offesa recata alla dignità umana dalla vendita, dunque l’unica via praticabile è riformare l’art. 44 della 184/1983, ovvero adottare un nuovo articolo 5 egualitario dell’attuale proposta Cirinnà. Sempre che si voglia assumere quale criterio dirimente per il diritto di adozione da conferire al convivente del genitore biologico il metodo a cui si è fatto ricorso per far nascere il figlio, sempre cioè che si voglia insistere sul rifiuto attuale manifestato dagli oppositori al grido di "No all'utero in affitto!", grido che al momento suona falso perché volutamente limitato ai gay, come già evidenziato.

Se questo deve essere il criterio allora, se non altro per coerenza, lo si scriva a chiare lettere nel testo dell'articolo - come qui si è proposto - e non si sopprima per intero il diritto. La soppressione dell'attuale art. 5 porterebbe infatti non soltanto a non sanare le situazioni già esistenti (con ovvie ricadute sui bambini), ma a colpire del tutto immotivatamente anche le coppie omosessuali costituitesi dopo una vedovanza del genitore o della genitrice biologica di un bimbo. Senza contare che colpirebbe le coppie lesbiche (anche qui con ovvie ricadute sui bambini), che all’utero in affitto non hanno avuto, o non avrebbero per il futuro, nessuna necessità di far ricorso.
Se poi si ritiene che l’interesse superiore del bambino non consenta di scrivere nero su bianco che si “discriminano” adulti e bambini sulla base dell’utero in affitto, allora la si smetta di fare opposizione incongruente e si approvi la legge esattamente come adesso è.

10.02.2016
aggiornato
l'11.02.16



© Iole Natoli  
(link)

3 commenti:

  1. peccato che scrivere in fretta porta con se spesso frutti avvelenati:
    ad esempio cosa accade dei bambini concepiti tramite GPA dopo i 270 giorni? che verrano strappati al compagno che resta? (perche questo significa l'italiano di quella frase!!) ... come dire che per punire chi ha fatto uso dell GPA ce la prendiamo con i figli nati da questa pratica ... geniale un bel modo per fare giustizia ... punire gli innocenti (i bambini)

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  2. FROTTOLE ovvero "il vero sordo è colui che non vuol sentire". Non ci sono bimbi nati dopo i nove mesi se non quelli che VOLONTARIAMENTE e CONSAPEVOLMENTE i futuri committenti inarrestabili vogliono esporre LORO in prima persona alle conseguenze di una scelta NON consentita dalla legge italiana. Detto in altre parole, NON continuate a ricorrere all'UTERO IN AFFITTO, detto anche Gpa.

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  3. Il colmo è che chi esprime posizioni come quella del commentatore di ieri porta acqua al mulino degli oppositori e non se ne accorge nemmeno. Qua si tratta invece di altro.
    L’adozione di cui all’Art. 5 del DdL è realmente una porta d’ingresso per l’utero in affitto? Se è così chiudiamo QUELLA porta per tutti.
    Non lo è e il tema del l’utero in affitto è soltanto un paravento? Ed allora sventiamo la manovra inserendo quel limite nel testo.
    Io mi auguro che la Cirinnà passi com’è, ma non so proprio come andrà a finire visto il peso dei vari schieramenti.
    Spiace comunque che la proposta illustrata probabilmente giunga fuori termine regolamentare rispetto agli emendamenti presentati.

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