In precedenza su KULTBAZAAR - Arti Scene Luoghi - 5-9 Maggio 2012
Istituto matrimoniale anticamera del Femminicidio...
o quasi
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Da dove passa la percezione distorta
dei rapporti uomo-donna
di Iole Natoli
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Sin dal 1979 ho proposto una riforma del cognome di famiglia e dei figli mediante la formula del doppio cognome, avendo individuato nella soppressione del cognome materno la prima imbeccata sociale della liceità dell’annullamento della figura femminile, che con il concorso di altri fattori può tradursi, in casi estremi ma frequenti, anche in soppressione fisica della donna. E tuttavia questa riforma, fin qui perversamente disattesa, da sola non sarà sufficiente. Se vogliamo che l'atteggiamento degli uomini cambi rispetto alle donne, dobbiamo - tra gli altri interventi - riformare anche e d’urgenza l'istituto matrimoniale. Continua
Finché la percezione dei rapporti passerà attraverso l'idea sociale dell'indissolubilità del matrimonio - il divorzio è considerato un correttivo, ma non intacca la percezione di "possesso della donna" corrente, anche di chi non si sposa - il "mia per sempre" non verrà estirpato dalle menti maschili condizionate, che costituiscono, spiace dirlo, la maggioranza, anche se minoranza nutrita è quella che giunge al femminicidio.
Quel "mia per sempre" diventa in primo luogo un "mia" generalizzato. "Indissolubilità" equivale a "proprietà", che è bilaterale solo sul piano teorico, visto che le strutture sociali patriarcali, che ancora vigono nel rapporto tra i generi, mutano troppo lentamente perché nelle menti maschili, non capillarmente educate ad altro, l'equivalenza non sia associata unicamente alla parola donna, generando il convincimento di proprietà o possesso della donna. Certo non sono solo coniugi quelli che ammazzano le donne, ma la percezione indotta da quell'equivalenza agisce in maniera acritica - insieme ad altri fattori - su una massa disgraziatamente assai estesa.
Appare dunque necessario e non rinviabile riformare l'istituto matrimoniale, che preferirei chiamare ISTITUTO o STATUTO CONIUGALE, e riportarlo al termine che gli è proprio di "contratto" - indeterminato finché uno dei coniugi non ne DICHIARI lo scioglimento, da regolare per legge nei suoi effetti pratici -, eliminando la validità civile di qualsiasi matrimonio religioso, cattolico incluso.
Ben vengano i centri antiviolenza per le donne e i centri terapeutici per uomini inclini alla violenza sessista: sono indispensabili e grave colpa politica e sociale è non finanziarli adeguatamente. Ben venga una legge specifica sul femminicidio: l'Argentina ne ha appena varata una, ma non è il solo Paese ad averla: è il nostro che ne è distante anni luce. Ben vengano l’educazione al rispetto di genere nelle scuole, attualmente limitata a qualche lodevole iniziativa personale e sporadica. Ben venga una responsabilizzazione delle famiglie, affinché provvedano a quell'educazione al rispetto che occorre e che hanno il compito di fornire a figli e figlie. Ben vengano campagne pubblicitarie atte a creare nell'opinione pubblica il rispetto di genere che manca. Ben venga un codice etico NON INFRANGIBILE sull'uso pubblicitario delle immagini, con divieto di messaggi sessisti. Intanto, però, riformiamo alla svelta l’istituto matrimoniale scindendolo da ogni pretesa d’indissolubilità e da ogni riferimento a un qualche dogma.
Stolto è, infatti, preoccuparsi di stilare graduatorie d'efficacia dei diversi campi d'azione. Al contrario, più nutrito è il ventaglio di strategie da applicare e più veloce e utile sarà il mutamento che serve. Qui ci stiamo occupando oggi di un aspetto: in altri scritti ci siamo occupate o ci occuperemo degli altri.
Non v'è alcuna concreta ragione per porsi remore ideologiche sulla scissione tra matrimonio civile e religioso: qui non si propone di vietare il matrimonio religioso in sé, ma di radicare nei cittadini e nelle cittadine italiane l'idea che, per chi vive nello Stato, sono gli orientamenti determinati dalle leggi dello Stato a valere e non altri. Si tratta di far percepire immediatamente e senza storture residue alla popolazione italiana - e a chi a qualsiasi titolo risiede in Italia - l'idea di libertà personale, varata con la legge sul divorzio.
Del resto, è addirittura una contraddizione patente che un esponente di un altro Stato possa officiare in veste di rappresentante civile del nostro, quando poi la sua stessa autorità viene meno nel momento in cui lo Stato italiano sancisce, tramite un suo tribunale, lo scioglimento unilaterale di un matrimonio da lui celebrato.
Nell'attesa che i tempi più lunghi delle riforme educative agiscano sulle nuove generazioni, o che eventuali modifiche del codice penale possano contribuire a ridurre il fenomeno della soppressione violenta delle donne, utilizziamo intanto i MEZZI INFORMATIVI - e dunque RIEDUCATIVI - veloci e su larga scala di cui possiamo disporre: cognome materno ai figli obbligatorio (nell'ambito del doppio cognome) e non validità civile del matrimonio religioso. Perché se l'Istituto matrimoniale non è l'anticamera al 100% del massacro delle donne, come provocatoriamente si è voluto suggerire nel titolo - e "provocare" una riflessione su un aspetto poco vagliato è salutare -, in ogni caso ha una forte incidenza sul costume o, per dir meglio, sul malcostume in atto.
Non vi sono scusanti all'inazione, né esistono molte altre strade praticabili se vogliamo agire ad ampio raggio e subito contro il femminicidio ricorrente.
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Milano, 5-9 Maggio 2012
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© Iole Natoli
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mercoledì 23 maggio 2012
SOCIETÀ E DIRITTO / Femminicidi e dogmi matrimoniali
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