mercoledì 23 maggio 2012

SOCIETÀ / Il linguaggio patriarcale e IL COGNOME





QUANDO L’ARTICOLO DETERMINA UN PO’ TROPPO

IL SALVAGENTE LINGUISTICO DEGLI UOMINI
di Iole Natoli


I quotidiani abbondano del “la”. Non di una nota musicale, no: di un banalissimo articolo femminile, senza il quale i giornalisti nostrani perdono, come si suole dire, la trebisonda. Come faranno mai a scrivere, i tapini, senza il prezioso discrimine del sesso?
Fatto salvo qualche raro tentativo recente - successivo a lettere di protesta delle donne - continuano a farci leggere, imperterriti, “la” Fornero, “la” Camusso, “la” Turco, “la” Bongiorno… in saecula saeculorum e anche amen, per confermare la patriarcale coscienza mai sopita.
Nessuno dice o scrive "il" Passera, “il” Bersani, “il Casini” o "il" Monti. La necessità psicologico-linguistica di specificare il sesso della persona, titolare di un qualche cognome, va al di là della questione dei ruoli riservati nei tempi andati solo agli uomini. I ruoli hanno a che fare con professioni un tempo esclusivamente maschili, ma per quanto concerne il COGNOME, c’è qualcosa di più profondo di questo.
E infatti giornalisti e conduttori non scrivono e dicono solo "la" Severino e "la" Merkel, ma "la" Littizzetto", "la" Sastri, "la" Maraini, "la" Ferilli, "la" Dandini, di contro a Saviano, Baudo, Camilleri, Abatantuono e così via.
La questione non è dunque legata al ruolo, come diffusamente si ritiene, ma alle caratteristiche intrinseche del cognome, che è sentito come appannaggio maschile, di cui le donne fruiscono quasi per caso. Un cognome rimanda automaticamente al "MASCHIO"; che possa essere riferito a una "FEMMINA" va spiegato, diligentemente, a tutto il popolo. 
Accertato che il pensiero latente è proprio questo… RENDIAMO NOSTRO IL COGNOME, ADESSO, DONNE!

Milano, 16.05.2012 
©Iole Natoli

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